martedì 28 giugno 2016

You don't know me, at all


Sono le 10.30
Sono due ore che sono seduta al tavolo della cucina cercando di studiare per l'esame che avrò tra soli tre giorni.
Sono molto indietro e i pensieri non mi lasciano un attimo solo in pace.
Sono da sola a casa e non ho la minima voglia di mangiare.
In due giorni mi sono sentita dire che gli esami mi stanno facendo bene perché  le mie guance sono più paffute e mangio con gusto, ma soprattutto tanto.
Ed io mi sono scocciata.
Sono ingrassata va bene?
Ma evitate di sottolinearlo ogni due secondi perché è una cosa che non posso sopportare!
Ci sto già abbastanza male da sola.
Ringrazio che sia estate e che in questo modo possa evitare di mangiare pasta.
Maledico l'estate perché ho una tremenda voglia di tagliarmi e no, non posso.
Due giorni fa mi ha scritto una ragazza, un po' mi piace già, ed ho pensato che non la merito, che lei non mi voglia.
Troppo piena di problemi.
Appena finirà l'esame mi iscriverò a scuola guida e cercherò uno psicologo da cui andare, "ci sono cose da risolvere" come asserisce mia madre.
Ma prima di tutto vorrei che tutto questo fosse riconosciuto, vorrei poter dare un nome a questo dolore, non essere presa sottogamba, sottovalutata come una ragazzina che mangia poco solo perché è fissata con la dieta.
E sono anche tentata di non andarci, dallo psicologo.
Ho troppa paura dell'ennesima sconfitta.
Piango e intanto non studio.
Sento che sto fallendo.
La gente passa, mi guarda, ma non vede.

venerdì 24 giugno 2016

A mia sorella

Ti sento camminare avanti e indietro.
Entri in camera tua, esci per andare in lavanderia.
Il rumore dell'acqua che scorre mentre a mezzanotte passata lavi qualcosa per il grest brontolando, mi tiene compagnia mentre penso alla spensieratezza dei tuoi 16 anni, al  tuo corpo da scricciolo con l'energia di un uragano.
Non mi hai mai dato affetto, ma negli ultimi giorni mi stai accanto quasi in modo ossessivo, controlli che studi, che non vada a dormire troppo tardi, mi tocchi le spalle o mi dai un bacio in testa.
Fai la sorella maggiore, quella che dovrei essere io e ma che non sono mai stata  per motivi che non conosco.
Mi rinfacci spesso il fatto che , da piccole, mentre giocavamo, a metà di punto in bianco  mi alzavo e me ne andavo lasciandoti da sola con la scusa che sarei tornata. " un attimo"ma non tornavo mai.
Vorrei essere stata una sorella migliore, più presente e meno schiva, qualcosa di cui non ti saresti dovuta vergognare e con la quale poterti confidare, raccontare le tue cotte e i tuoi sbagli.
E invece no.
Vorrei sapessi apprezzarmi.
Perché io vorrei poterti parlare, vorrei poterti raccontare delle mie, di cotte, senza sentire la la vergogna e il disgusto che si annidano dietro ai tuoi occhi e nelle tue parole.
Sono lesbica e tu non lo accetti.
Mamma non lo accetta.
Io non lo accetto.
Papà forse, ma con lui non ne parlo mai, non so nemmeno se vorrei.
Ma fa male. E vorrei potertelo dire senza che mamma mi sminuisca etichettandomi come confusa perché giusto,dimenticavo!  Anche mamma sguazza nel pregiudizio dell'equazione bisessuale=confuso.
O senza non che ti importi di quello che penso.
Perché non sono tanto le parole o gli sguardi, ma il sapere di essere tua sorella e non sentirmi tale.
E poi, poi ci sono quelle parole di mamma, che sistematicamente dopo aver sdrammatizzato, e avermi fatto sperare di aver capito, di averlo accettato, prende il mio fragile involucro e sembra che lo scagli quasi con rabbia sul pavimento: " io credo che tu sia UNA bisex"
Apponendo quell'articolo che non capisco cosa voglia significare.
Io non sono bisex ma forse etichettarmi come tale perché non sono uno stereotipo con le gambe é più facile.
Ma ci avete mai pensato cosa significhi cercare di arrivare a una consapevolezza e essere continuamente contradetti subendo quasi un lavaggio del cervello?
Mi sento un animale allo zoo, dall'altra parte del recinto.

Il sei giugno sono stata vittima di omofobia e avrei voluto raccontartelo.
Il sei giugno ho visto E. e avrei voluto raccontartelo.
Avrei voluto raccontarti cosa io abbia provato, come mi sia sentita, dirti il perché delle mie lacrime e del mio silenzio nei giorni seguenti, senza dover inventare delle fottuttissime scuse e indossare l'ennesima maschera.
Avrei voluto raccontarti come mi sono sentita a Maggio quando ho visto A. in mutande, o quando il giorno stesso, mi ha sorriso uscendo dal bagno.
Di quanto fosse bella nella sua paranoia pre concerto , quanto trovassi bello il suo carattere nonostante la conoscessi da poche ore.
Avrei voluto raccontarti come sia stata la mia prima volta, o anche semplicemente il fatto che ci sia stata una prima volta.
E che é stato strano in tutti i sensi.


Ti ricordi due estati fa quando vedendomi sempre al telefono mi avessi chiesto chi fosse?
E che io mi inventai di avere un ragazzo?
Non ti mentivo, non del tutto.
Fidanzata, lo ero davvero, ma non te lo potevo dire.

Io non capisco questo tuo odio nei miei confronti, forse perché odiare non é qualcosa che mi appartiene.
Non dovrebbe appartenere neppure a te.
Mi chiedo se un giorno ne potremo parlare, e potrò raccontarti di me, senza odio, senza pregiudizio, accettandomi e sentendomi accettata.
Sei mia sorella, eppure, non ti capisco.

lunedì 20 giugno 2016

Attendendo


Una notte di luglio di due anni fa scrissi:
"Questa sera dormo con la finestra aperta, cosicché i mostri possano entrare e venirmi a mangiare"
Stasera sono di nuovo al buio, non sono le due di notte ma i pensieri sono gli stessi.
Vorrei soltanto scomparire.
Mi manca il fiato e non ne capisco il motivo.
Penso tanto, troppo ma non alle cose importanti come l'esame che avrò tra due giorni e di cui sembra non me ne interessi nulla.
Forse perché davvero non riesco ad interessarmene.
Vi giuro, ci ho provato ma proprio non ci riesco ad essere preoccupata.
Non riesco a studiare perché i pensieri sono sempre gli stessi, sono sempre in agguato.
Non riesco perché sono stanca di lottare e non ottenere mai nulla.

Stasera riflettevo sul fatto che era da un po' che non tornavo a rileggere il blog dall'inizio.
E mi sono stupita, quasi commossa davanti all'ingenuità che due anni fa dimostravo.
Leggo un commento
" vorrei averti fermato prima"
allora avevo risposto
" fermare cosa?"
Oggi che so, avrei voluto.
O forse no.
Sono confusa.


Leggo altri commenti:
" non mi stancherò mai di te"
Quanto amore in quelle parole, eppure nonostante le belle parole e promesse lei si é stancata di me e dei miei problemi.
Tutti scappano, dopotutto.
É tanto che non mi sento amata in quel modo.
Mi manca.

Fuori c'è silenzio, solo qualche macchina in lontananza, il treno che passa, poi, torna la quiete.
Stringo un po' di più il cuscino al petto.
Ho freddo.
La finestra é ancora aperta.
Attendo i mostri.






(Mi scuso per il post confuso e sconclusionato oltre al fatto di essere sparita.
Presto scriverò un post in cui racconterò tutto per bene ciò che è successo in questi due mesi di assenza)
Vi abbraccio